lunedì 29 ottobre 2012

La lingua di bordo

Lido Bettarini - Vele bianche
E’ una bella giornata, il mare è calmo e il vento si è steso per bene, la borsa con il necessario è pronta. Non ci resta che salire a bordo e cominciare a guardarci intorno.

Mentre ci cambiamo le scarpe e indossiamo pantalone e maglietta che useremo durante la navigazione, è bene tener presente alcune regole prima di cominciare, forse scontate per i più esperti, ma che comunque è sempre bene ricordare per stare tutti meglio. "Caviamoci subito questo dente" e non ci pensiamo più!

Le cinque regole d'oro

1- Svolgere esattamente il compito affidato

La prima cosa da fare è seguire le indicazioni dello skipper, il quale assegnerà ad ognuno un compito preciso in ogni manovra o indicherà dove sistemarsi nell’attesa che la manovra sia finita.
Nello spazio ristretto di una barca sembra impossibile non stare tra i piedi di chi, magari in modo concitato, sta manovrando qualche vela. A meno di non voler scendere sottocoperta (e pure lì...) si può star certi che, ovunque si decida di sedersi, proprio lì qualcuno dovrà fare qualche regolazione urgentissima e indifferibile.
Anche fare più del richiesto, quando non è del tutto chiaro l’insieme della monovra, può essere controproducente se non pericoloso, e quindi anche in questo caso conviene dare una mano solo a chi la richiede.
Siete all’inizio. Il noviziato esiste in qualsiasi attività umana e a maggior ragione nell’attività velica, che per sua natura è altamente tecnica, occorre che questo periodo sia interamente attraversato. Non è il caso di spaventarsi perché con un po’ di pratica e un po’ di spirito di osservazione si può da subito essere un equipier utile e collaborativo.

2- Cercare di essere ordinati

In barca gli spazi sono estremamente ridotti. Su una barca scuola per un’uscita giornaliera c’è a malapena lo spazio per le vele e quindi gli oggetti personali dovranno essere lasciati negli zainetti.
In crociera è importante invece non invadere gli spazi altrui e gli spazi comuni.
Lo stesso vale per le cime, il binocolo, le maniglie dei winch, i bicchieri, le posate, le carte nautiche e tutto quello che può servire durante la navigazione. In ogni barca le cose hanno trovato nel tempo il proprio posto, frutto di esperimenti, compromessi, discussioni con mogli, figli, soci e soprattutto ogni cosa deve essere immediatamente a portata di mano in caso di bisogno. Quando si usa qualche attrezzo esso, dopo l’utilizzo, va riposto esattamente nello stesso posto in cui lo si è trovato. Non si tratta di "fissazioni" ma della possibilità di vivere insieme in armonia e in sicurezza.

3- Non giocare con l’elettronica

Molti sono gli strumenti elettronici al tavolo di carteggio e prima o poi tutti ci si siedono e cominciano a giocarci. Non si tratta di giocattoli ma di apparecchiature che servono per la navigazione e la sicurezza. Sul tavolo da carteggio, o nelle sue vicinanze, trovano spazio il quadro elettrico della barca, il GPS cartografico, il radar, la radio VHF e più di recente anche l’i-pad o il computer portatile di bordo. L’uso richiede qualche competenza non solo informatica ma anche di navigazione ed è bene richiedere il permesso prima di accendere gli strumenti.
Se proprio si vuole provare, esistono applicazioni gratuite per i-phone o android con cui fare esperimenti senza disfare il lavoro degli altri.

4- Cogliere tutte le occasioni per imparare

A volte lo skipper o l’istruttore utilizza termini che non sempre sono compresi da chi ascolta. A volte di proposito, a volte senza nemmeno accorgersene per il semplice motivo che certi oggetti hanno solo quel nome e diventa difficile pensare ad un sinonimo. Quello è il momento di dire “Non ho capito” e magari di imparare qualche termine da giocarsi al bar per fare bella figura con gli amici (tipo “Stasera ho cazzato il meolo!”) oppure, più seriamente, è il momento di mettere in pratica tutte le cose lette, ascoltate o viste in video e capire le reali difficoltà delle manovre.

5- Non pensare di saperne di più del capobarca

Lo skipper, l’istruttore, il capobarca hanno il compito di insegnare e farti divertire in sicurezza. Non ti sarà mai richiesto di fare acrobazie o più di quanto il tuo livello di conoscenza ed esperienza consenta, perciò limitati a svolgere bene il tuo compito e non pensare di coordinare gli altri o di spiegare (anche questo si è visto) come eseguire una manovra. O addirittura contraddire...
In barca si esegue e poi, a terra, con calma, se ne può parlare.
A bordo c’è la monarchia e il re non sei tu.

I nomi delle cose

A bordo ogni cosa ha il suo nome. Su questo non si possono trovare troppe scorciatoie ma occorre rassegnarsi a memorizzare i nomi delle cose e talvolta, ahimè, nuovi nomi per cose che un nome già ce l’hanno. Il motivo di questa apparente complicazione è evidente: in ogni momento si deve poter dare un ordine chiaro e non equivocabile.
Cominciamo subito: una barca a vela è composta da uno scafo che rappresenta la “carrozzeria” della barca e dalle vele che ne costituiscono il motore.
Lo scafo si distingue in poppa (la parte posteriore) e prua (la parte anteriore più affusolata) se lo si considera nel senso della lunghezza, sinistra e dritta (destra) se lo si guarda in senso trasversale e spalle alla poppa. In questo modo quale che sia la nostra posizione in barca durante la navigazione, l’andatura o lo sbandamento dello scafo, questi quattro punti fondamentali saranno sempre univocamente determinati e chiari a tutti.
Lo spazio in cui opera l’equipaggio a poppa, generalmente il punto più largo della barca, è il pozzetto sotto le cui sedute ci sono in genere gavoni in cui vengono conservate parti di equipaggiamento. Oltre il pozzetto, spostandoci verso prua, troviamo l’accesso all’interno della barca (portello) chiuso da un tambucio. Poi inizia la tuga su cui si aprono eventualmente delle finestrature che possono servire all’illuminazione degli interni (oblò) o con funzione di accesso interno/esterno (osteriggio) per persone o attrezzatura, come ad esempio vele da cambiare a prua.
Sul bordo esterno della barca, la falchetta, con funzione di “ringhiera”, c’è la battagliola composta da draglie (cavi di acciaio che vanno da poppa a prua) e candelieri (supporti verticali di acciaio che sostengono le draglie) e che terminano nel pulpito di prua (piccola balconata sull’estremità anteriore della barca) e nei due pulpiti di poppa. Sempre a poppa, nella barche più grandi e moderne, c’è una plancetta o spiaggetta, da cui salire e scendere a mare per il bagno o comunque uno spazio per la doccia esterna.
Le vele sono sostenute, nella configurazione più diffusa, da un albero che viene tenuto in posizione da uno strallo, un cavo di acciaio che va da prua alla testa d’albero, e da un paterazzo, un cavo di acciaio che va dalla testa d’albero all’estrema poppa. Nel senso trasversale l’albero è sostenuto dalle sartie, che sono anch’esse cavi di acciaio, che partono dalla testa d’albero e si collegano allo scafo a dritta e a sinistra in prossimità del piede d’albero.
All’albero è collegato il boma, un’asta orizzontale che serve a stendere verso poppa la vela soprastante, la randa.
Le vele appunto sono la randa a poppa e il genoa a prua. Se quest’ultima è piccola si parla di fiocco.
L’immagine allegata chiarisce meglio quanto sopra esposto. Per un principiante possono sembrare tante parole nuove ma in realtà si tratta di parole e termini che si usano spessissimo in barca e che si memorizzano in pochissimi minuti a bordo.
Per il momento ci fermiamo qui.

martedì 16 ottobre 2012

La borsa del mare e l'ammiraglio Nelson

Cosa mi porto in barca? Ecco, tra tutte questa forse è la domanda più complicata cui rispondere, soprattutto se a fartela è una donna. Istintivamente mi verrebbe da dire: poco, anzi pochissimo. Mi rendo conto che la risposta non sarebbe soddisfacente e allora provo a fare un ragionamento un po’ più articolato.
Prima del contenuto vediamo il contenitore.
Che sia una semplice lezione o una crociera la borsa da portare in barca deve essere morbida, leggera e impermeabile. Questa Louis Vuitton di fianco può essere un'idea (scherzo!), ma consiglierei uno zainetto o una borsa da palestra più pratica e meno impegnativa.
Per le lezioni e le uscite giornaliere sono comodi gli zainetti in cui riporre ricambi, maglioni e qualcosa da bere e da mangiare. Per la crociera la sacca deve poter essere piegata e riposta in un armadietto o su una mensola. Sono bandite le valigie rigide e i trolley, come ad esempio le borse dei sub.
Per quanto riguarda il contenuto, oltre ai normali ricambi e agli oggetti per l'igiene personale, cominciamo subito col dire che, per chi è alle prime esperienze, non è affatto necessario comprare l’abbigliamento tecnico il cui acquisto si potrà differire a quando si capirà se abbiamo voglia di continuare e considerando il tipo di barca e il tipo di navigazioni che faremo (regata o crociera).
Per iniziare è sufficiente un abbigliamento comodo e caldo, tenendo presente che non c’è grande differenza tra estate e inverno, nel senso che una calda giornata di sole invernale o un temporale estivo sono eventi che possono capitare e per i quali dobbiamo essere pronti allo stesso modo. Quindi occorre vestirsi a strati, "a cipolla", con capi che possono essere aggiunti o tolti a seconda delle condizioni che in barca cambiano con estrema velocità.

Scarpe

Le scarpe da indossare in barca devono avere due caratteristiche fondamentali: 1) una suola antiscivolo bianca e morbida, in modo da avere buona presa sulle superfici bagnate e non lasciare segni in coperta;
2) essere di materiali che si asciugano velocemente.
Possono essere sostituite da normali scarpe da ginnastica a patto che la suola sia effettivamente bianca poichè i segni scuri lasciati sul teck o sulla vetroresina sono difficili da pulire.
Tranne che nei momenti di relax è fortemente sconsigliato andare in giro scalzi, visto che in barca c’è una tale quantità di “oggetti” fissati sulla coperta che risultano dolorosi al contatto con il piede nudo.

Abbigliamento da pioggia

Ovviamente quando piove nessuno ci obbliga ad uscire in mare. Quello che a volte capita è che la pioggia ci sorprenda mentre già siamo in barca e siamo dunque costretti a restare all’aperto mentre rientriamo in porto.
Innanzitutto che a nessuno venga in mente di presentarsi in barca con l’ombrello. Lo dico con estrema chiarezza: non si fa, porta sfortuna e si rischia di essere fiondati in acqua in compagnia dell’ombrello e della borsa faticosamente preparata. Molto meglio pensare a qualcosa di impermeabile.
Per chi va in moto un completo antipioggia (pantaloni e giacca) può, almeno le prime volte, sostituire egregiamente una cerata; altrimenti si può pensare all’abbigliamento da sci (per l’inverno) o comunque a un impermeabile completo di giacca e pantalone.
Il pantalone è importante perchè in barca si sta spesso seduti e anche in piedi l’acqua scivolando dalla giacca inzupperebbe immancabilmente i pantaloni.
Un capo sempre alla moda e prodotto da diversi marchi è il giubbotto modello sailor, quello chiuso alla cintura con un elastico e i polsini richiudibili con il velcro. Si può usare in tante occasioni, anche terrestri, ed è uno dei capi preferiti da chi va spesso in barca, perchè comodo, versatile e robusto.
Eviterei di comprare quegli impermeabili gialli che a volte si vedono nei film. Servono solo a farvi sudare. Se proprio volete spendere un po' di soldi, orientatevi su una buona una cerata traspirante e un paio di stivali da barca. L'impermeabile giallo lasciamolo ai pescatori.

Accessori

D’estate un cappellino con visiera per proteggersi dal sole e d’inverno un caldo zuccotto sono di grande utilità e poca spesa. E’ bene tener presente che la visiera del cappellino, quando c’è un po’ di vento, può funzionare da vela e farlo volare via; proprio per questo qualcuno lo lega con una sagoletta (laccetto sottile) al collo o al giubbotto.
Molti in barca usano guanti da vela (quelli con le mezze dita) per proteggere le mani dalle grosse cime e dalle scotte. La spesa è minima ed effettivamente proteggono le mani quando all’inizio non si sa bene come trattare le varie manovre. Da non dimenticare gli occhiali da sole.

Cura te stesso

Ognuno di noi è la persona che meglio conosce le proprie condizioni di salute e i propri limiti fisici. Quando si sale su una barca si entra a far parte di un equipaggio, anche se solo per un paio di ore, e bisogna quindi farsi carico del benessere altrui oltre che del proprio. Questo significa una maggiore responsabilità verso sè stessi nel non nascondere le proprie necessità, nel mettere a conoscenza dello skipper eventuali necessità mediche e nell'avere con sè i farmaci necessari. A bordo in genere c'è una cassetta di pronto soccorso con qualche farmaco generico e il necessario per il primo intervento.
Sia d'estate che d'inverno è necessario proteggersi dai raggi solari. Una crema protettiva con un buon filtro è sempre consigliabile. Vi ricordo però che unge, e quindi sdraiarsi per prendere il sole su un ponte in teck è considerato in tutti i tribunali del mondo un giustificato motivo per abbandonare un uomo in mare.   

Il mal di mare

Si  racconta che l'ammiraglio Orazio Nelson, probabilmente il più famoso marinaio britannico, soffrisse terribilmente il mare e nei primi giorni di navigazione non lasciasse mai la propria cabina. Eppure questo non gli impedì di concepire e portare a termine alcune tra le più spettacolari imprese marinare del suo tempo e di vincere anche questa battaglia con se stesso.
Si, la nautipatia, ovvero il mal di mare, è un malessere molto democratico che non risparmia nessuno.
E' molto simile al mal d’auto ed è causato dal movimento irregolare della barca sulle onde, dai cambi di inclinazione e velocità repentini e inaspettati cui il fisico, specialmente all’inizio di una lunga crociera, non è abituato.
I sintomi sono nausea, sudorazione, sonnolenza e conati di vomito mentre la causa è da ricercarsi nell’orecchio, in particolare in quelle piccolissime strutture cui è affidato il nostro equilibrio interno.
Come dicevo si tratta di un disturbo che prima o poi colpisce tutti, dal più esperto navigatore al principiante, per il quale non c’è da preoccuparsi nè da vergognarsi. La buona notizia è che in genere non dura più di due giorni (!) ed è la risposta del cervello che cerca di abituarsi al nuovo elemento e comunque, anche se durante si vorrebbe morire, di mal di mare non si muore.
Il primo antidoto per il principiante è l’abitudine, per cui si può iniziare con brevi tragitti per poi man mano allungare il tempo di tempo di permanenza in mare. Quindi più spesso si va per mare e sempre meno si soffre.
Anche dare di stomaco aiuta (attenzione a mettersi sottovento - cioè dove stanno le vele - e a girarsi in senso opposto alla direzione della barca) così come stare all’aperto e guardare lontano.
I posti chiusi sono quelli che provocano il maggior disagio, in particolare il bagno della barca, e sono da evitare assolutamente, a meno che non ci si voglia sdraiare ad occhi chiusi e nello stesso senso del movimento.
Collaborare nella conduzione della barca aiuta moltissimo e per la maggior parte delle persone mettersi al timone è il modo più efficace di contrastare il mal di mare.
Esistono poi rimedi sia naturali che medicinali che possono fornire un qualche aiuto.
Tra i rimedi alternativi sono molto usati i braccialetti per i polsi (Sea band) con una pallina che esercita una pressione secondo i principi dello Shiatsu - per alcuni funzionano - da indossare prima di salire in barca.
Apprezzate come rimedio contro la cinetosi sono le banane, che comunque sono anche ottimi integratori di sali minerali nel caso si debba fare un po’ di movimento in barca (parlo di sport, ovviamente...).
Anche lo zenzero ha proprietà quasi miracolose. Può essere mescolato con il tè cui dona un retrogusto leggermente amaro.
Per la prevenzione bisogna curare l’alimentazione che dovrà essere a base di alimenti secchi, fette biscottate, pane e comunque cibi leggeri (lasciamo stare i peperoni...) e non si deve trascurare l’idratazione, che è il pericolo maggiore quando il mal di mare dura a lungo.
I soliti pescatori dicono che le alici salate siano un ottimo rimedio, ma io non ho mai avuto il coraggio di proporle nè di provarle di persona.
Altro sistema, decisamente più gradevole, sarebbe quello di tenere in bocca una fettina di limone, così come ormai è vasto il successo della Coca-Cola come rimedio antinausea (ma attenzione quando la si apre, soprattutto se il mare è agitato già da qualche ora!).
I rimedi famacologici, pur funzionando egregiamente, hanno tutti come effetto collaterale l'abbassamento della soglia di percezione e provocano sonnolenza. Va anche detto che, se si decide per una terapia farmacologica, il mal di mare va anticipato.
Una prima possibilità di scelta sono i cerotti TRANSCOP, a base di scopolamina, da mettere dietro l’orecchio e che durano 2 - 3 giorni. Il cerotto non deve essere toccato perchè se le dita poi vengono a contatto con gli occhi ci si può procurare la dilatazione della pupilla.
L'alternativa sono le gomme da masticare TRAVELGUM o le pasticche di XAMAMINA, entrambi antistaminici, adatti per le brevi navigazioni.
Si tratta di farmaci da banco, ma comunque è bene parlarne con il proprio medico curante che se necessario, saprà meglio indirizzarvi.
La nausea, il vomito e i medicinali consumano energie e inducono al sonno.
La cosa da fare è sdraiarsi sottocoperta, nel punto più basso possibile, al centro della barca e a pancia in su. Facilmente ci si addormenterà alzando la barriera più efficace: il sonno.
Non è raro svegliarsi senza più alcun malessere.

venerdì 5 ottobre 2012

L'America's Cup a Napoli in quattro foto

Siamo a metà strada tra le regate di Napoli dello scorso aprile e le prossime previste nel mese di maggio 2013. Nel frattempo le regate sono andate avanti a Venezia e poi negli USA e la folla di spettatori sta dando ragione a questa formula che porta le vele fin dentro le città. Ne sono contento perchè tutto ciò allarga la partecipazione e la comprensione delle regole e dei valori dello sport della vela. Del resto questo circuito rappresenta per la vela quello che la Formula 1 rappresenta per l'automobilismo, e può certamente contribuire a far avvicinare spettatori, sponsor e nuovi praticanti.
In Nuova Zelanda e a San Francisco hanno messo in acqua i nuovi AC72 e stanno provando l'affidabilità delle nuove barche, le manovre con l'equipaggio completo e staranno sicuramente tentando di abituarsi alle nuove velocità. A breve è previsto il varo del 72 piedi del team Luna Rossa che intanto ha concluso una campagna acquisti di tutto rispetto che, sulla carta, sembra poter competere alla pari con Team Oracle e Team New Zealand.
Intanto, spulciando tra le vecchie foto, ne ho tirate fuori alcune che accompagno con mezze parole sentite a Via Caracciolo (a volte inventate) o che mi sono state raccontate da chi girava da quelle parti.


Di spalle non si vede niente

"Ma così non va bene!"
"Lo so, lo so, ma ormai non si può fare niente"
"Lo vedi che non c'è vento!"
"Si, ma sta così da tanto..."
"Mo' scendo io sugli scogli e lo giro"
"Ma è fissato con il cemento!"
"Scusate ma a chi volete girare?"
"A Padre Pio, è logico... Così fa uscire il vento e si vede le regate..."
"E se tiene genio* fa pure vincere a Luna Rossa!" 

(*) voglia, in italiano


Il mare fatto a scale

"Certo che è stata proprio una grande idea!"
"No, è che gli hanno messo gli occhi addosso"
"A chi?"
"Al Sindaco"
"E che c'entrano gli occhi. Se tu arrangi una specie di porticciolo in mezzo a Via Caracciolo è normale che appena entra il Libeccio sbatte tutto e non si può fare più niente"
"E proprio oggi doveva venire il Libeccio..."
"Ma le barche non le potevano mettere nel porto? Mi sembra la cosa più logica. Un pescatore mi ha detto che li fanno apposta..."
"Cosa?"
"I porti. Li fanno per metterci le barche"
"Va beh, hai voglia di scherzare."
"No, parlo seriamente. Se avessero stabilito l'area tecnica nel porto oggi (sabato 14 aprile -ndA) si sarebbero potuti mettere i catamarani in acqua e si sarebbero tenute le regate. E invece siamo qui ad aspettare che il comitato annulli le prove di oggi. A me dispiace!"
"Anche a me!"
"Però sai che tuffi ad agosto..."


Posti a sedere

"Tonì, io ne posso portare al massimo due. Mi piglio quello della nonna, che tanto a lei non ci serve, e quello del negozio di papà"
"Va buò, però così dobbiamo alzare i prezzi. Per un posto a sedere ci dobbiamo prendere 100 euro al giorno o 60 per mezza giornata. Io invece ne metto tre"
"E dove li pigli?"
"Questi sono fatti miei"
"E no, se vuoi il 60 per cento della società lo voglio sapere prima che intenzioni hai!"
"Te lo dico Michè, ma l'idea è mia. Uno ce l'ho a casa, e questo è facile. Il secondo sta nel garage di mio cugino; è tutto scassato ma l'aggiusto io, e poi deve durare giusto tre giorni. Il terzo lo prendo nuovo da Gargiulo con la prova"
"E che significa con la prova?"
"Che gli dico: don Rafè io questo scaletto lo prendo per mia nonna che ha le mani deboli. Glielo porto ad Avellino. Se va bene e ce la fa ad alzarlo lunedì quando torno ve lo pago, se no ve lo riporto"
"Ah, allora gliela paghi con i soldi dell'affitto degli scaletti a Via Caracciolo!"
"No Michè, non hai capito. Io i soldi me li tengo e lo scaletto glielo riporto. Che me n'aggia fà dello scaletto dopo lunedì?"


La pizza del Re

"Vi piace?"
"Bella è bella! Però mo' è fredda"
"Beh, certo. Però questo è come un'opera d'arte, non si mangia,  s'adda guardà!"
"Scusate, la posso fare una fotografia?"
"Certo, mettiamoci qua con il Vesuvio alle spalle. Questo è il mio biglietto, stasera venitemi a trovare che vi faccio mangiare 'na pizza che nemmeno 'o rre!... Che stavamo dicendo? Ah si, è un'opera d'arte, per tagliare la mozzarella c'è voluta una mezz'ora! Però è una soddisfazione."
"Scusate la facciamo una fotografia insieme alla pizza?"
"Certamente, prendete il mio biglietto e venitevi a mangiare una bella pizza quando volete! Io vi preparo una pizza che nemmeno un principe reale... Dicevo, questa è una pizza da esposizione, come le torte che i pasticcieri mettono nelle vetrine. L'ho fatta apposta per venire qui a farmi fare le fotografie. E voi non la volete fare una fotografia?
"Certamente, e chi se la perde!"
"Mi raccomando che si deve vedere bene la scritta"
"Fatto!"
"Ecco il mio biglietto. A voi vi faccio lo sconto"






mercoledì 3 ottobre 2012

Proverbi e nuvole

Almeno due dei miei tre lettori mi hanno chiesto di dedicare qualche post alla scoperta del mondo della vela, che ai non iniziati mostra più difficoltà di un rito esoterico. Tentando di rispondere a questa esigenza e rispolverando una mia vecchia idea, inizio con oggi la pubblicazione di una serie di post con cadenza mensile, identificati dal tag "E' facile andare a vela", che alla fine comporranno i capitoli di un libricino che potrà essere letto in meno di un'ora, scritto per coloro che vorranno essere "ospiti competenti" a bordo di una barca a vela.
Iniziamo subito con il primo.

Generalmente alla meteorologia viene dedicato l'ultimo capitolo dei manuali di vela. Lo ritengo sbagliato visto che si tratta di un'attività che si svolge all'aperto e che utilizza il vento per muoversi sull'acqua.
Già la semplice decisione di uscire di casa e di preparare la borsa per andare in barca implica una valutazione sul tempo e, per esperienza personale, so che non c'è niente di peggio che aspettarsi una giornata tranquilla e poi trovarsi impegnati in un combattimento corpo a corpo con le onde e con le vele. Sapere cosa sta accadendo e cosa accadrà è fondamentale sia per l'apprendimento che per il semplice piacere.

E allora cominciamo davvero.

Ci sono molte strade per affrontare lo studio della meteorologia, una parola che è già difficile di suo solo a pronunciarla (la parola studio, ovviamente). Lasciando per il momento a chi lo desidera la consultazione dei siti meteo, le isobare e le carte sinottiche, al marinaio alle prime armi, alla moglie (o al marito, alla fidanzata, al figlio, all'amico, ...) che voglia dare una mano, propongo due chiavi di lettura: le nuvole e i proverbi, tentando di interpretare le une grazie agli altri.
Alla fine della lettura non saremo dei meteorologhi perfetti ma ce la potremo sbrigare, imparando da subito a fiutare i pericoli.


Con la testa fra le nuvole

Le nuvole sono degli indicatori piuttosto precisi dell’evoluzione del tempo a breve e saperle riconoscere significa sapere cosa potrà accadere nell’arco delle prossime 12 e 24 ore.


Il tipo di nuvola più frequente è il cumulo (8),che si sviluppa in verticale. Se si aggrega e diventa scura nella parte bassa il temporale diventa possibile. Se i cumuli sono isolati e generati da moti convettivi locali allora indicano bel tempo.
Una tipo di nuvola molto bello e indicativo è l’altocumulo (4), in particolare quando assume una forma lenticolare (sembra cioè un disco appiattito e grigio), che è il segnale dell’arrivo di vento forte.
Tra tutte le nuvole la più pericolosa è il cumulonembo (10), una nuvola che si sviluppa fortemente verso l’alto e assume una caratteristica forma a incudine nella parte superiore, mentre la base si presenta nera, a rotoli e va schiarendosi man mano che si sale. Nell’insieme sono visibili solo a grande distanza. La loro presenza indica l’imminenza di forti temporali, con pioggia e grandine, violente raffiche di vento e scariche elettriche.  
Il cumulonembo (cb)
Indizio di pioggia sono i cirrocumuli (3), nubi che si affastellano in gruppi o file (“Cielo a pecorelle, pioggia a catinelle”) e che indicano un tempo molto variabile e di un fronte caldo in avvicinamento e quindi pioggia intensa. 
Quindi, in prima approssimazione, possiamo dire che particolare attenzione deve essere dedicata alle nubi cumuliformi: se sono a scarso sviluppo verticale possiamo predire che da esse non cadrà pioggia ed il vento sarà maneggevole; se invece i cumuli sono a grande sviluppo verticale e con la base non proprio orizzontale (quindi è in movimento), essi produrranno pioggia e - verosimilmente - potrebbero trasformarsi in cumulonembi, con possibili fulmini e forti rovesci.

Pillole di saggezza popolare

I proverbi sono la sintesi, spesso in forma poetica, di consuetudini e saperi formatisi nel tempo. A volte hanno una loro consistenza scientifica, altre volte risultano meno precisi anche se più accattivanti nella rima.
Di seguito ne elenco alcuni che possono aiutare a comprendere alcuni fenomeni e quindi consentire una propria personale previsione.
Rosso di sera - buon tempo si spera” 
Questo è di certo il proverbio più famoso di sempre e si spiega con il fatto che quando il tempo è bello, quindi con aria stabile e assenza di nubi, vi è una maggiore presenza di pulviscolo e vapore acqueo nell’atmosfera che conferisce alla luce del sole la caratteristica colorazione rossa.
Un tramonto colorato di rosso indica un’area stabile ad occidente che è la direzione da cui provengono le perturbazioni nel nostro emisfero.
Cielo rosso di mattina - brutto tempo si avvicina
Al contrario un’alba colorata di rosso indica che l’alta pressione è ad est, si sta allontanado, e quindi potrebbe essere sostituta da instabilità e pioggia. Dunque, se a levante il sole si presenta giallo, con la linea dell’orizzonte poco nitida e con aloni rossastri, una pertubazione è in arrivo.
"Arco al mattino - mal tempo è vicino"
L’arcobaleno, prodotto dalla rifrazione e dalla riflessione della luce solare, si può osservare soltanto voltando le spalle al sole e concentrando l’attenzione dove il temporale è già passato. La prima indicazione che si ricava è dunque la direzione del temporale. Se di mattina si vede l'arcobaleno, esso sarà ad ovest e quindi saranno probabili piovaschi nella giornata senza possibilità di miglioramento a breve. Al contrario se l’arcobaleno compare ad est, e generalmente sarà visibile nel tardo pomeriggio, con nubi che si allontanano allora la tendenza al bello del tempo sarà da esso certificata ("Arco in serata l’acqua è terminata") .
Cerchio vicino acqua lontano; cerchio lontano acqua vicino
Di notte le osservazioni sono ovviamente limitate dall’oscurità, ma comunque qualche informazione sull’evoluzione del tempo la si può ricavare dall’osservazione della luna.
Talvolta la luna sembra avvolta in un alone luminoso, opalescente. L’alone è causato dalla presenza di nuvole alte (cirrostrati) composte da cristalli di ghiaccio, che filtrano la luce lunare e ci restituiscono un’immagine contornata appunto da un cerchio, come attraverso un vetro smerigliato e che può essere più o meno grande. Se l’alone è grande - cerchio lontano - siamo in prossimità di una precipitazione, mentre al contario con un alone di piccole dimensioni - cerchio vicino -la pioggia non cadrà nelle prossime ore.
Ciel senza nubi, pallide stelle, al marinaio dicon procelle
Se la luna è tramontata e restano da osservare solo le stelle valgono le stesse considerazioni appena fatte, con la sola puntualizzazione che la mancanza di nuvole basse favorisce il raffreddamento dell'acqua nelle ore notturne e quindi rinforza il flusso d'aria che da terra spira verso il mare.
"Allor che il vento contro il sole gira, non ti fidar, perché torna forte e spira"
Questo tipo di osservazione è un po' più difficile per un principiante, ma può essere un utile esercizio oltre che per la previsione del tempo anche semplicemente per l'identificazione della provenienza del vento.
Se il vento compie un giro antiorario (contro il sole), e quindi in modo costante gira a sinistra, il tempo è in peggioramento visto che si sta instaurando un regime di bassa pressione con venti in rotazione ciclonica (niente paura, significa appunto in senso antiorario). Al contrario, quando il vento segue il movimento del sole, cioè ha una rotazione oraria, il tempo è stabile e siamo in un regime di alta pressione.

Vi sono poi semplici osservazioni del cielo e di ciò che ci è intorno che possono portare a buone previsioni del tempo.
Ad esempio, quando nel cielo gli aerei lasciano la scia, questo è un segnale di umidità in quota e quindi di un fronte caldo in arrivo. Questo significa che nei successivi 3 o 4 giorni inizierà una processione di nuvole sempre più basse fino ai grossi cumuli carichi di pioggia.
Quando siamo a terra e le mosche diventano più sfrontate e insistenti del solito, cominciano ad entrare negli ambienti chiusi e diventa dificile farle uscire, possiamo facilmente dedurre, unitamente all'osservazione del cielo, che un temporale è ormai imminente.
Un tempo anche il volo dei gabbiani a terra era un utile segnale di allarme, mentre oggi purtroppo le abitudini di questi uccelli sono state spesso modificate dalla presenza di numerose discariche presenti nelle periferie delle nostre città. 
Resta fermo che prima di mettersi in barca è responsabilità del capobarca (lo skipper) consultare le previsioni che si possono reperire facilmente su internet o sul canale 68 del VHF ventiquattro ore su ventiquattro.
Un ultima nota per sfatare il mito del vecchio pescatore che prima o poi tutti incontriamo e che ci fa le previsioni. Non escludo che in giro ci siano vecchi pescatori effettivamente in grado di predire il tempo ma sono ormai una specie in estinzione, anzi degli esseri che abitano il mondo delle favole più che le banchine dei circoli nautici. Insomma, è più facile che si incontrino dei millantatori o degli incompetenti e quindi è meglio fidarsi delle proprie ricerche, con una buona dose di prudenza.  

lunedì 1 ottobre 2012

Ludwig

“In italiano si dice Luigi. Come dite voi a Napoli?”
“Giggino, ce ne sono un paio che ultimamente ci fanno ridere parecchio. Comunque Ludwig va bene, è facile da ricordare.”
“Allora, ti piace la mia barca?”
“E’ tua? Pensavo fosse per il noleggio”
L’avevo notata da lontano, del resto le barche a vela richiamano sempre la mia attenzione e mi sono avvicinato per guardarla con calma.
Sembra un 470 un po’ vecchiotto, ha gli interni stondati e il fondo riverniciato. E’ tenuta benissimo, non manca nulla, a differenza delle barche che di solito si vedono sulle spiagge che hanno sempre qualche pezzo in meno.
C’è la targhetta del cantiere sullo specchio di poppa: l’anno di costruzione è il 1974. Guardo meglio perchè è al rovescio. Si, la barca ha proprio 38 anni ed è effettivamente un 470, evidentemente uno dei primissimi della classe.
Ludwig, che parla perfettamente in italiano, mi racconta che di solito la tiene sulle rive di un lago chiamato Bostalsee, vicino casa sua e non lontano dal confine tra Francia , Germania e Lussemburgo. Ogni anno però, quando viene a Casalvelino per le vacanze, la carica sul carrello e la portà con sè.
Dal 1980.
Faccio velocemente due conti: sono 32 anni che la porta qui, quindi probabilmente è anche il primo e unico proprietario e la tratta sicuramente bene. Certo che fa ogni anno 3.000 chilometri di autostrada, e non sono molte le barche che possono vantarsi di un simile record su strada!
“No, è mia - mi dice Ludwig - Mi piace molto navigare con la mia barca lungo queste coste. Ormai, dopo tutti questi anni, siamo vecchi amici. Tu sai andare a vela?”
“Si.”
“Vogliamo fare un giro?”
Fuori il vento si sta stendendo dolcemente e la termica oggi è gentile. Sembrano le condizioni ideali per vedere se è possibile usare un 470 per fare piccolo cabotaggio.
“Ok, dammi il tempo di avvisare. Ci vediamo qui tra mezz’ora.”
Quando torno in spiaggia trovo la barca sulla riva perfettamente armata.
“Beh,sai – mi dice Ludwig – mi sono fatto aiutare dal bagnino. Non avevo altro da fare e poi ho voglia di uscire il più presto possibile, negli ultimi giorni è piovuto e sono stato costretto a restare in spiaggia.”
Mentre parla mi porge un gilet a righe orizzontali. Quando lo prendo mi accorgo che è un giubotto salvagente - credo abbia la stessa età della barca - e che ormai non sarebbe accettato nemmeno nelle regate del Club Med. Comunque è decisamente vintage e lo indosso per essere a tono con la barca.
La spingiamo in acqua e Ludwig mi fa segno di salire.
Eseguo con un filo di apprensione, pronto a intervenire se qualcosa dovesse andare storto.
Metto giù un po’ di deriva, Ludwig dà la spinta finale e salta su dallo specchio di poppa con inaspettata agilità. Blocca il timone e mi accorgo che è rimasto in ginocchio sul fondo della barca dove aveva sistemato un altro salvagente come cuscino. Furbo il tedesco, questa cosa non la insegnerei a dei ragazzini ma per lui funziona egregiamente. Oramai l’acqua è abbastanza alta per abbassare tutta la deriva e, dopo aver messo le vele a segno, viriamo per allontanarci dagli scogli.
Quando siamo abbastanza lontani dalla riva mi chiede se voglio timonare. Accetto e ci scambiamo di posto.
“Ehi Ernesto, conosci la storia di Velia?”
“Qualcosina, ricordo che i Greci la chiamavano Elea e qui sono nati Parmenide e Zenone.”
“Si, il nome è stato poi modificato dai Romani. Se vuoi te la racconto.”
“Ok, intanto vado verso Ascea così ci passiamo davanti.”
“ La città fu fondata dai Focei, una popolazione originaria dell’odierno golfo di Smirne in Turchia. Come dicevi tu, nel V secolo avanti Cristo divenne un importante centro filosofico e culturale.
Con Roma intrattenne sempre ottimi rapporti e divenne luogo di villeggiatura e cura per gli aristocratici, grazie anche alla presenza della scuola medica. La prosperità della città continò fino a tutto il primo secolo quando si costruirono numerose ville, terme ed edifici pubblici.
Poi la decadenza. La costruzione di una nuova via di comunicazione che collegava Roma con il Sud Italia taglia fuori Velia. La città si spopola e le terre vengono abbandonate e diventano paludi.
Nel 1700 non ci sono più tracce di Velia e dei suoi abitanti, e solo gli scavi iniziati il secolo scorso hanno portato alla luce i resti dell’antica città."
L'accento tedesco è mitigato dal sorriso. Si vede che è innamorato di questo posto. 
“Però... quante volte sei stato a visitare gli scavi?”
“Non lo so, però sono belli, vai a vederli appena puoi. Quella torre laggiù è di epoca medievale e gli scavi sono proprio là dietro.”
Sulla nostra prua, molto lontano, c’è Capo Palinuro e Ludwig comincia a raccontarmi di una disatrosa gita (come la chiama lui) fatta dieci anni prima proprio da quelle parti quando fu sorpreso da un temporale mentre cercava di tornare a Casalvelino. Immagino che affrontare un temporale con un 470 non sia bello ma non riesco proprio a capire perchè sia andato così lontano con quella barca e alla sua età...
“A proposito Ludwig, toglimi una curiosità, ma quanti anni hai?”
“ 77 ”
“ 'Azz!”

Una semi-isola, il filo dell’acqua e l’isola dei genovesi

C’è un angolo di Sardegna che conserva un carattere e una personalità fuori dall’ordinario. Lontano dagli usuali giri turistici, lontano...