giovedì 26 settembre 2013

Vince Oracle, la Coppa è finita e gli amici se ne vanno

"Impossible is nothing". Deve proprio essere questo che si sono ficcati in testa nel team di Oracle un paio di settimane fa. Nei prossimi giorni si sprecheranno i superlativi e le iperboli ma, sin da ora, non c’è dubbio che si tratti della rimonta più clamorosa nella storia di tutti gli sport.
Dal punteggio di 8-1 a favore di Team New Zealand, che ha avuto a disposizione ben otto match point per portare la coppa a casa, il team di Larry Ellison è riuscito a rimontare clamorosamente fino al punteggio di 8-8 e poi a vincere la 34° edizione dell’America’s Cup.
Nella regata di ieri gli americani hanno dimostrato una supremazia tenica, tattica e mentale che ha schiantato i pur bravissimi kiwi. Dopo una partenza pari, alla prima boa Dean Barker (ETNZ) passa con una manciata di secondi di vantaggio su Jimmy Spithill (ORACLE) e riesce a mantenerlo fino al cancello di poppa. Nella bolina successiva Barker riesce a resistere fino a metà lato per poi cedere il passo, su un incrocio mure a dritta, ad Oracle che indovina il giro di vento e allunga, incrementando via via il vantaggio fino a tagliare la linea del traguardo con quasi un minuto di anticipo sui demoralizzati neozelandesi. E’ stato il colpo del KO inferto da Spithill che, non a caso, è davvero un pugile.
Possiamo solo aggiungere che l’equipaggio USA (con timoniere australiano, tattico inglese e skipper neozelandese) è riuscito anche ad annullare l’handicap iniziale di -2 punti inflittogli dai giudici (giustamente!)per aver apportato alcune modifiche ai propri AC45 (classe one design)che hanno partecipato ai circuiti preliminari dell’America’s Cup.
Adesso che la Coppa è finita è possibile ripercorrere alcuni suoi momenti provando a fare un primo bilancio.

Gli AC72 sono pericolosi

A maggio, durante una semplice uscita di allenamento nella baia di San Francisco, Artemis, la barca svedese, si è ribaltata per il cedimento di una traversa. Nella scuffia Andrew Simpson, velista inglese vincitore di due medaglie olimpiche, è rimasto intrappolato sotto lo scafo per circa 15 minuti e inutili sono stati i tentativi di rianimarlo dopo che il gommone di supporto è riuscito ad estrarlo e a portarlo a terra.
Questo lutto ha segnato pesantemente il cammino della coppa per tutti i team ed è stato lo spunto per una lunga serie di raccomandazioni e di polemiche, volute dalla Guardia costiera USA e dall’organizzazione della Coppa, per rendere più sicure queste barche per i velisti che le conducono.

Già un paio di mesi prima Oracle in una scuffia aveva distrutto completamente l’ala, sempre in un’uscita di allenamento, accusando un notevole ritardo sui tempi di allestimento e negli allenamenti programmati dall’equipaggio.

Anche Team New Zealand si è preso la sua porzione di spavento, e forse anche questo ne ha determinato la sconfitta di ieri.
Una delle regate vinte da Oracle nella sua incredibile rimonta nasce proprio da un errore di manovra dei kiwi che per poco non hanno distrutto la barca. Mentre i neozelandesi stavano andando all’incrocio mure a sinistra nel lato di bolina, con l’intenzione di virare sottovento a Oracle per costringerli ad andare sulla destra del campo di regata, la fretta nella manovra non ha permesso al circuito idraulico, manovrato dai grinder, di andare in pressione e consentire la rotazione dell’ala. Così, mentre gli scafi ruotavano sotto l’impulso del timone, l’ala non è passata dall’altro lato ed è rimasta “a collo”, amplificando la leva e facendo sollevare lo scafo di dritta. I grinder, per fortuna, non hanno smesso di girare le manovelle e sono riusciti a far andare in pressione l’impianto all’ultimo momento e quindi a far girare l’ala. A quel punto lo scafo di dritta, senza più la pressione del vento, è caduto sull’acqua con violenza.
A quel punto i neozelandesi si sono ritirati per verificare l’integrità del catamarano e Oracle è andato al traguardo a vincere la prova.

Gli AC72 sono costosi

Questa doveva essere l’edizione più televisiva che si fosse mai realizzata. Le barche veloci ed in grado di correre con ogni intensità di vento dovevano garantire il rispetto dei tempi e una copertura planetaria dell’evento.
Ma qualcosa non ha funzionato.

Alla fine la sfida è stata raccolta solo da tre team che hanno dato vita ad uno spettacolo dal finale scontato: gli svedesi in ritardo nella preparazione della barca e sconvolti dalla morte di un loro compagno di squadra; gli italiani arrivati alla sfida all’ultimo momento e messi in corsa grazie alla partnership con il team neozelandese che gli ha fornito i piani di costruzione degli scafi in cambio della possibilità di allenarsi e scambiarsi dati sugli speed test; infine i kiwi, unici a costruire una sfida solida e credibile sfiorando, come non mai, la vittoria.
La Luis Vitton Cup è stata decisa da una finale senza storia, con il team Prada in grado di vincere solo una sfida contro le sette messe in fila da Dean Barker e compagni.

Ma tutto questo lo abbiamo appreso dai giornali, dalle trasmissioni in streaming o dai social network, visto che le tv che trasmettono in chiaro non hanno ritenuto appetibile il prodotto.
E’ stata, almeno in Italia, una Coppa “clandestina” che non ha attratto nè sponsor nè pubblico.
Questa formula deve assolutamente essere rivista.

Il futuro

Mentre a San Francisco sono ancora in corso i festeggiamenti altrove ci si interroga su cosa fare.
Oracle Team sarà ancora una volta il defender, ma al momento nessuno ha ancora lanciato la sfida. Patrizio Bertelli, il patron di Luna Rossa, contava sulla vittoria dei kiwi per ridiscutere insieme le regole ed era pronto sul gommone per lanciare la sfida ma è rimasto spiazzato dall’incredibile vittoria di Larry Ellison. Con i vincoli di bilancio imposti dalla quotazione di Prada nella borsa di Hong Kong, ci penserà bene prima di svenarsi ancora per far correre la sua Luna.
Ancora peggiore è la situazione di Emirates Team New Zealand, uscito snervato e surclassato dalla terza finale persa che ne segna la fine agonistica e tecnica dopo un decennio ad altissimo livello. La vittoria avrebbe portato un volume di affari pari ad un punto del Pil per la Nuova Zelanda, cosa su cui ora non potrà contare e che renderà difficile anche la ricerca di nuovi sponsor.

Probabilmente ci dovremo abituare a dei nuovi protagonisti.

Larry Ellison è stato di recente riconosciuto come il terzo uomo più ricco del mondo e di sicuro metterà tutto il suo peso anche nella difesa della 35° America’ Cup.
China Team ha partecipato al circuito degli AC45 negli ultimi due anni e può mettre insieme le risorse economiche per ritagliarsi un ruolo importante nella prossima edizione.
L’Inghilterra ha talenti enormi nel mondo della vela e aveva messo insieme un team (Team Origin) dalle prospettive interessanti. Ora, se si opterà per budget più limitati, può anch’essa allestire un team forte e competitivo.
La Germania nel passato ha ben figurato nelle regate di selezione tra gli sfidanti e, tra le economie europee, è di sicuro quella che ha minori difficoltà a mettere insieme un budget adeguato.
Aria di sfida si avverte anche dal Medio Oriente, con cui Russell Coutts sta costruendo relazioni, e forse dalla Russia, che nelle più prestigiose regate d’altura sta cominciando a dire la sua.

Insomma, il futuro è ancora da scrivere, ma mi sbilancio a prevedere che le prossime barche saranno molto diverse da quelle viste a San Francisco e nuovi team si imporranno all'attenzione.

E’ finita la Coppa America.

Aspettiamo la prossima.



venerdì 13 settembre 2013

Il lungo viaggio delle papere gialle


Il 10 gennaio 1992 la Ever Laurel, una nave portacontainer diretta a Tacoma, si imbattè in pieno Oceano Pacifico, in una burrasca che ne consegnò il nome alle cronache e forse alla storia.
Infatti in quell’occasione la nave perse 3 container contenenti 29.000Friendly Floatees”, giocattoli galleggianti di gomma a forma di castori rossi, tartarughe blu, ranocchie verdi e papere gialle, appena imbarcati a Hong Kong e che iniziarono il loro stupefacente viaggio.
Quello che poteva essere l’ennesimo rilascio in mare di gomma e plastica inquinante fu utilizzato da due oceanografi, Curtis Ebbesmeyer e James Ingraham di Seattle, per studiare le correnti oceaniche.

Da allora, attraverso un sito web, Ebbesmeyer e il suo collega Ingraham, raccolgono tutte le segnalazioni degli avvistamenti dei giocattoli nei vari paesi, tracciando nel tempo una mappa delle correnti che dall’oceano Pacifico raggiungono l’Atlantico, mappa basata su un modello matematico che viene in continuazione ridefinito grazie ai ritrovamenti.

Si calcola che circa diecimila esemplari si siano diretti a Nord, costeggiando l’Alaska per poi rimanere a rigirarsi tra le correnti circolari del Nord Pacifico, arrivando nel 1995 nello stretto di Bering. Sono rimasti in quelle acque a lungo e solo nel 2003, dopo aver circumnavigato la Groenlandia sono arrivati sulla costa nord orientale degli Stati Uniti per arrivare poi sulle coste inglesi.
Gli altri 19.000 animaletti di gomma sono restati nel Pacifico: alcuni prima di arenarsi hanno ruotato nell’oceano tre o quattro volte, seguendo le correnti da Est ad Ovest, altri si sono mossi verso Sud, arrivando in Australia o in sud America disperdendosi in gran numero nell’oceano Artico o nel sud Pacifico.

Al momento si stima che la maggior parte dei Friendly Floatees siano ancora alla deriva e hanno viaggiato per più di 60.000 chilometri senza mai toccare terra, record che pochi marinai possono vantare.

Gli studi sul floatsam (nome generico dato agli animaletti alla deriva) hanno permesso di scoprire i segreti delle correnti circolari oceaniche che sono generate dalle differenze di pressione (in certe zone la pressione dell’aria è così forte da causare un abbassamento del livello dell’acqua in modo da spingere l’acqua circostante a cercare di riempire il dislivello), da cambiamenti di temperatura e dal moto rotatorio terrestre.
Il floatsam ha una doppia natura: da una parte è una minaccia per gli animali che se ne cibano, come tutta la plastica che è in mare, dall’altra è un’opportunità di diffusione per molluschi e crostacei che vi si attaccano venendo trasportati in altre parti dell’oceano.

Le papere gialle sono diventate bianche a causa dell'esposizione ai raggi solari, mentre gli animaletti verdi, blu e rossi hanno finora mantenuto il colore originale.
I Friendly Floatees sono diventati oggetti per collezionisti, raggiungendo in alcuni casi quotazioni superiori ai mille dollari.
Trattandosi di oggetti di gomma e plastica, si stima che possano continuare a girare per gli oceani ancora a lungo, avendo un tempo di degradazione lunghissimo e sicuramente superiore ai 100 anni.

Le informazioni che gli oceanografi ne potrebbero ricavare sono preziose e dunque, anche se difficilmente ne vedremo nel Mediterraneo, quando siete in mare ... occhio alla papera!

Una semi-isola, il filo dell’acqua e l’isola dei genovesi

C’è un angolo di Sardegna che conserva un carattere e una personalità fuori dall’ordinario. Lontano dagli usuali giri turistici, lontano...