giovedì 20 ottobre 2011

Il Guerriero dell'Arcobaleno


La nascita del nome
Bob Hunter, uno dei fondatori di Greenpeace, nel suo libro “Warriors of the Rainbow” racconta che durante il suo primo viaggio con una nave di Greenpeace, la Phyllis Cormack, aveva portato con se un libro di miti e leggende indiani in cui c’erano diverse profezie particolarmente impressionanti. Questo libro gli era stato dato da un’anziana nativa americana nomade. Questa donna gli aveva assicurato che il libro gli avrebbe cambiato la vita; il giornalista canadese non ci diede molta importanza e una volta gettato il libro in uno scatolone se ne dimenticò. Ma prima del viaggio sulla Phyllis Cormack raccolse parecchi libri e durante una tempesta pomeridiana, come lui stesso raccontò, questo libro cadde dagli scaffali e se lo ritrovò letteralmente in mano e, a quel punto, incominciò a leggerlo. Venne colpito in modo particolare da un capitolo in cui veniva riportata la storia che una donna anziana chiamata “Eyes of Fire”, della tribù degli indiani Cree, raccontava al pronipote. La tribù degli indiani Cree, proprio mentre stava per essere sconfitta, previde che sarebbe venuto un tempo in cui l’uomo bianco con il suo materialismo avrebbe esaurito le risorse della Terra, ma prima che fosse stato troppo tardi il Grande Spirito degli Indiani sarebbe tornato per far resuscitare i guerrieri pellerossa e insegnare all’uomo bianco il rispetto per la Terra. Il loro nome sarebbe stato Warriors of the Rainbow, Guerrieri dell’Arcobaleno. Tutti a Greenpeace conoscevano questa storia e nel 1978 la prima nave, un motopeschereccio arrugginito che si chiamava “Sir William Hardy”, venne ribattezzata Rainbow Warrior.

Il Guerriero fa paura
Il 10 luglio del 1985 la "Rainbow Warrior" viene affondata dai servizi segreti francesi in Nuova Zelanda, nel tentativo di fermare le proteste contro i test nucleari nel Pacifico. Il bombardamento, in cui perde la vita il fotografo Fernando Pereira, provoca una forte indignazione pubblica in tutto il mondo.
Nel 1987 Greenpeace acquista una nuova Rainbow Warrior, una nave fornita di vele comandate meccanicamente per risparmiare carburante. Costruita nel 1957, la nuova Rainbow è lunga 55,20 metri e larga 8,54. La sua velocità di crociera è di 10 nodi. La nave ha spazio sufficiente per un equipaggio di 30 persone e può navigare ininterrottamente per 30 giorni. La nave viene varata ad Amburgo il 10 luglio 1989: dopo due anni di lavori e riparazioni è pronta per lottare contro i crimini ambientali.
Negli anni, la Rainbow Warrior II viene onorata della presenza di persone famose, capi religiosi, famiglie reali e gruppi rock. Aiuta a trasferire la popolazione di un’isola dell’Oceano Pacifico che era stata contaminata dalle radiazioni, presta soccorso alle vittime dello Tsunami del 2004 nel Sud-Est asiatico e naviga contro la caccia alle balene, il riscaldamento globale e molti altri crimini contro l’ambiente in ogni parte del mondo.


Testimonianze
Storico l’impegno della Rainbow Warrior II nella lotta contro i test nucleari nel Pacifico. Nel 1995 prende parte alla "flotta della pace" per protestare a Mururoa. Commandos francesi abbordano e occupano la nave nelle acque territoriali della Polinesia francese il primo settembre, danneggiandone gravemente le strutture. Ma “non si può affondare un arcobaleno” e alla fine la Rainbow Warrior vince: nel 1996 si pone fine ai test nucleari nel Pacifico.
Stephanie Mills, la portavoce di Greenpeace a bordo della nave nel 1995 di ritorno da Moruroa:
“Sono le 6 di mattina del 10 luglio 1995, il decimo anniversario del bombardamento della prima Rainbow Warrior.
Dopo essere entrati nella zona d'esclusione di 12 miglia intorno all’atollo di Moruroa, dei commando prendono d’assalto la Rainbow Warrior e cominciano a rompere le finestre e a gettare gas lacrimogeni sul ponte.
Non appena lo skipper ferma i motori e l’equipaggio si dirige verso il ponte inferiore la Rainbow Warrior viene speronata da un rimorchiatore francese provocando un buco nello scafo, fortunatamente sopra il livello dell’acqua.
Sono nella stanza dove c’è la radio quando un gruppo di commando prendono a sprangate la porta e gettano altri gas lacrimogeni dal buco. Annaspando per mancanza di ossigeno, riesco a scappare attraverso l’oblò insieme all’operatore radio, Thom Looney e all’attivista Jean-Luc Thierry. Veniamo prelevati di forza dalla Rainbow Warrior e sottoposti a un interrogatorio prima di essere riportati sulla nave e scortati fino alle acque internazionali.”
Dopo 22 anni, la Rainbow Warrior II è stata donata alla ong del Bangladesh, Friendship, che la userà come nave ospedale per prestare cure mediche ad alcune delle comunità più povere del Bangladesh e della Baia di Bengal.




Il nuovo Guerriero
La Rainbow Warrior III è la prima nave costruita appositamente per portare avanti le campagne di Greenpeace e giocherà un ruolo chiave nel futuro dell'organizzazione. La costruzione è stata possibile grazie alle donazioni di più di 100 mila sostenitori che hanno acquistato le varie parti della nave e dell'equipaggiamento sul sito.
È dotata delle più moderne tecnologie di comunicazione, di un eliporto a poppa e di due scialuppe di salvataggio. Per tenere al minimo il consumo di carburanti e farne un mezzo di trasporto verde e sostenibile, è armata con un rivoluzionario sistema di alberatura che sorregge 1260 metri quadrati di vele che sono in grado di assicurare una velocità di crociera media di 15 nodi. La Rainbow Warrior III sarà impegnata negli angoli più reconditi e lontani del pianeta nella sua lotta contro i crimini ambientali e dovrà essere autonoma e in grado di comunicare e mostrare costantemente al mondo quello che sta accadendo e i reati che gli uomini e le nazioni vanno compiendo contro la natura e contro il mare.

A lei e al suo equipaggio il mio Buon Vento e una Lunga Scia a poppa!


Tratto dal sito Greenpeace Italia (link di lato)

lunedì 3 ottobre 2011

Napoli e l' America's Cup: - 193 giorni (forse)

Bagnoli Annozero: dopo la chiusura della fabbrica nel 1993 e la sua dismissione (cioè è stato smontato e venduto quello che si poteva), queste sono le condizioni in cui oggi si trova l'area. Triste, anche se c'è il sole.

Questa sotto è l'area della "colmata", su cui venivano scaricati i minerali prima di essere avviati all'altoforno, e su cui dovranno essere realizzate le basi dei team.
A che punto siamo? L'immagine parla da sola...

Qui intorno ci dovrebbe essere un campo di regata.
Nisida in primo piano, poi capo Miseno, Procida e Ischia prese di infilata. Almeno il panorama ci aiuta.

Il bello è che finora ancora non si è detto esattamente quello che si vuol fare. Solo ipotesi.
Spero che qualcuno lo sappia.

Una semi-isola, il filo dell’acqua e l’isola dei genovesi

C’è un angolo di Sardegna che conserva un carattere e una personalità fuori dall’ordinario. Lontano dagli usuali giri turistici, lontano...