sabato 4 febbraio 2017

Da Nisida a Bagnoli: acqua, ferro e fuoco


Navigando verso ovest, subito dopo Posillipo, compare l’isola di Nisida, l’antica Nesis dei Greci, attualmente sede di un carcere minorile e di alcuni presidi militari. Non è aperta al pubblico da lunghi decenni e può essere visitata soltanto in alcune sporadiche occasioni.
Secondo alcuni studiosi questa sarebbe l’isola di Polifemo e Ulisse sarebbe approdato nel piccolo e bellissimo Porto Paone, non visibile da terra ma solo dall’alto del carcere minorile o da mare, dove avrebbe lasciato le sue navi prima di salire nella vicina grotta di Seiano abitata dal gigante. La grotta si può vedere entrando nel golfo di Pozzuoli e lasciando a Nord la stessa Nisida. A mezza collina di Posillipo, sulla destra, si vede bene l’ingresso scavato in epoca romana e che conduce alla villa di Publio Vedio Pollione, mentre ai tempi del mito probabilmente essa doveva apparire allo stato grezzo.
Possiamo collocare qui l’ideale inizio dei Campi Flegrei, una vasta area ricca di manifestazioni vulcaniche che vanno dall’emissione di gas solforosi attraverso fumarole e soffioni (Solfatara di Pozzuoli) ai pozzi e sorgenti di acqua termale (Bagnoli, Ischia, le Terme di Agnano, le Terme Puteolane, quelle di Baia e Lucrino) o ai periodici fenomeni di sollevamento e abbassamento del suolo (bradisisma).
Dal punto di vista geologico siamo in una grande caldera in stato di quiescenza del diametro di circa 15 chilometri che inizia in questo punto e ricomprende l’isola di Ischia ad ovest e l’entroterra di Pozzuoli e Bagnoli a Nord.
 Bagnoli
Il nome di questo quartiere, l’ultimo del comune di Napoli, deriva probabilmente da Balneolis, piccoli bagni, in quanto ospitava, prima degli insediamenti industriali sorti lungo tutto il 900, numerosi stabilimenti termali e ancora oggi in alcuni punti del litorale sono visibili pozze di acqua calda appena sotto il primo strato di sabbia.
I primi insediamenti industriali risalgono alla fine dell’Ottocento, con le vetrerie borboniche, e sono poi proseguiti con le acciaierie dell’Italsider e con l’indotto ad esse collegato (cemento, amianto, ecc.) Tutte queste attività sono state dismesse negli anni Novanta dando origine ad un profondo e incompiuto disegno di bonifica e riqualificazione dell’area.
Il primo passo fu mosso negli anni ‘90 con l’avvio delle attività di Città della Scienza, il primo museo scientifico interattivo in Italia. Costruita attraverso il recupero di numerosi manufatti industriali del secolo scorso, Città della Scienza ha ospitato al suo interno numerose iniziative didattiche e risulta uno dei siti preferiti dalle scuole per avvicinare e incuriosire i giovani di ogni età al mondo delle scienze e della ricerca.
Circa quattro anni fa, il 4 marzo 2013, è stata parzialmente distrutta da un incendio e i suoi resti anneriti sono purtroppo ancora ben visibili da mare, a dispetto delle solite dichiarazioni di immediata ricostruzione.
Simbolo della riconversione può essere considerato il lungo pontile a cui attraccavano le navi per lo scarico dei minerali che alimentavano i quattro altoforni della fabbrica. 
Il pontile Nord, lungo circa 900 metri, è diventato una spettacolare e suggestiva passeggiata sul mare. Nella sua punta estrema il fondale è di circa 15 metri che degradano dolcemente verso riva. Sul fondo esistono numerosi rottami industriali che forse non saranno mai rimossi, ma ancor più grave è la presenza di catrame e bitume che restano depositati sulla sabbia a testimoniare oltre 100 anni di pesante produzione industriale. L’acqua appare sufficientemente pulita e numerosi sono i segni di vita subacquea sia vegetale che animale.
Tra il pontile Nord e il pontile Sud, più piccolo, nel corso del tempo è stata creata una vasta area sottratta al mare, la colmata, che serviva come parco minerali. Da qui i minerali di ferro e carbone fossile venivano poi inoltrati agli impianti per le fasi successive. I minerali di ferro erano avviati all'agglomerazione, dove erano mescolati ad alta temperatura con altri minerali per aumentarne la corposità. Il carbone invece veniva mandato in cokeria per prepararlo all'altoforno.

Questi due processi erano necessari per ottenere la cosiddetta carica, cioè un composto stratificato di minerale ferroso, carbon coke e calcare, che poi veniva introdotta nella bocca dell’altoforno. L’unico altoforno rimasto lo si vede sulla sinistra, AFO 4, con ancora la struttura per portare in alto la carica e i cowper, quegli enormi cilindri accanto, scambiatori di calore utilizzati per riscaldare la carica man mano che scendeva verso il ventre. Il ferro fuso, mescolandosi con il coke, si arricchiva di carbonio raccogliendosi nel crogiolo. Il tempo di trasformazione era all'incirca di sei ore.
La ghisa liquida così prodotta veniva spillata dall'altoforno almeno 3 volte al giorno, una fase della lavorazione molto pericolosa poiché veniva eseguita manualmente da un operaio, e inviata in acciaieria con dei vagoni ferroviari dalla strana forma di siluri detti appunto carri siluro.

Nell' Acciaieria, quella struttura alta e rossa che sembra una gigantesca capanna, si provvedeva ad affinare la ghisa da altoforno attraverso l’aggiunta di ossigeno e l’eliminazione del carbonio. L’acciaio liquido ancora nelle siviere, giganteschi contenitori serviti per la conversione, veniva poi portato alla colata continua, un sistema di lingottiere e rulli che trasformavano i nastri di acciaio incandescente in bramme che poi venivano laminate a caldo (cioè schiacciate) per ottenere lamiere più sottili, il prodotto finale della fabbrica, anzi del cantiere di Bagnoli.

Il progetto di riqualificazione dell’’area industriale prevede la realizzazione di un grande parco urbano di circa 120 ettari che accoglierebbe al suo interno alcune testimonianze di archeologia industriale opportunamente conservate e destinate a “Museo del Lavoro”. Anche la spiaggia dovrebbe essere recuperata e restituita alla balneazione attraverso l’eliminazione della “colmata”.

Ai margini del parco, in un’area di circa 70 ettari, è prevista la realizzazione di alberghi, attrezzature turistiche e produttive (legate alle tecnologie verdi) e residenze private. Ancora in discussione e senza certezze e la realizzazione di un approdo per la nautica da diporto di circa 700 posti barca.
Al momento sono aperti 3 cantieri:
1 - Porta del Parco, che in buona sostanza è un grande parcheggio con una sala conferenze per congressi e che poi dovrebbe ospitare piscine termali, saune, bagni turchi, solarium e strutture per l’idroterapia.
2 - Parco dello Sport, ovvero un parco sportivo di oltre 30 ettari e un campeggio di circa 25.000 mq.
3 - Acquario tematico per le tartarughe marine e sede di esposizioni sul tema del mare. La sede è nell’ex impianto trattamento acqua (TNA).
Tutte le gare per la realizzazione del centro alberghiero son andate deserte e le incertezze nella bonifica non incoraggiano gli investitori a scommettere sul futuro dell’area.
Forse è superfluo dire che l’intera area è sotto sequestro per irregolarità nella bonifica e che ogni previsione di completamento dei lavori è impossibile.
Un precedente che risale al 1889 può essere considerato come paradigma dell’attuale situazione. 

Lamont Young, urbanista e architetto napoletano a dispetto del nome, voleva trasformare Bagnoli in una nuova Venezia. Il progetto prevedeva una metropolitana con un l’attraversamento circolare della città e arrivo e partenza da Coroglio, appunto l’area ora occupata da quello che resta dell’Italsider. Prevedeva la realizzazione di un canale da Mergellina a Coroglio e il relativo materiale di risulta degli scavi sarebbe stato utilizzato per costruire un Rione Venezia a ridosso di Posillipo.

L’idea era creare un quartier fatto di tanti isolati sull’acqua, alberghi, lidi turistici e giardini pensili. Lamont Young ottenne tutti i permessi per iniziare i lavori nel 1892 ma non riuscì a trovare i capitali necessari e quindi consegnò, purtroppo, quest’area al suo stato di abbandono attuale.
Alle spalle del Pontile Nord, proprio nel punto da cui si proietta sul mare, si è insediata da quasi vent’anni una realtà imprenditoriale interessante, l’Arenile, che resiste al degrado circostante e riesce a offrire nella lunga estate napoletana spettacoli e relax, contribuendo all’economia del quartiere e, pur con qualche mugugno per il frastuono e il traffico, ponendosi come esempio per il futuro e sperato rilancio dell’area.

Dal mare sono visibili i gazebo e il verde delle piante proprio sotto il bruttissimo profilo dell’istituto nautico “Duca degli Abruzzi” che ospita un interessante Museo del Mare.
Un piccolo e basso edificio giallo verso ponente, il Dazio, dopo una lunga striscia di scuole di ogni ordine e tipo, segna la fine della città di Napoli e l’inizio di Pozzuoli.

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