martedì 8 maggio 2012

Il porto con la spina

Oggi sono uscito in barca con un amico. E’ stata una bella giornata e abbiamo tenuto il motore acceso per non piu di 5 minuti in tutto, giusto il necessario per uscire e rientrare dall’ormeggio.

Per il resto siamo andati a vela per tutto il pomeriggio.

Una volta in banchina, ormeggiata la barca, ho preso dal gavone il cavo della 220v e lo ho collegato alla colonnina del pontile. Mentre mettevamo ordine in coperta non ho potuto fare a meno di guardare verso la Stazione Marittima, distante mezzo miglio, e notare il profilo imponente di due navi da crociera in attesa dei loro ospiti, con il camino in funzione che scaricava nel cielo quintali di fumi neri senza soluzione di continuità. Accanto due aliscafi vomitavano anch’essi macchie scure dai tubi di scarico.

Eppure non dovrebbe essere difficile mettergli la spina, proprio come l’abbiamo noi per la nostra piccola barca.

Se si riuscisse a spegnere il motore delle navi nei porti e ad alimentarle elettricamente si taglierebbero le immissioni di CO2 fino al 95 per cento.

Una soluzione del genere migliorerebbe la qualità dell’ambiente portuale di molto, contribuendo anche all’integrazione del porto con la città, perchè se è vero che gli scali sono fonte di occupazione e crescita economica è altrettanto vero che non sempre il prezzo da pagare è sostenibile dal punto di vista ambientale, basti pensare al peso della movimentazione di migliaia di automezzi che vanno all’imbarco in certi momenti dell’anno.

Il solo porto di Napoli, con circa un milione e mezzo di crocieristi in transito, registra la presenza costante in banchina di una nave al giorno in inverno e di almeno due nei mesi di alta stagione.

In questo scenario l’elettrificazione delle banchine dovrebbe collocarsi all’interno di un piano di riqualificazione energetica complessivo che, sfruttando risorse e tecnologie all’avanguardia , puntasse a trasformare l’intero porto, prima azienda della città, con migliaia di addetti nei settori della cantieristica, del traffico commerciale, del trasporto passeggeri e del diporto, in un’area più pulita e sicura.

Un tale piano dovrebbe prevedere un’ampia quota di autoproduzione di energia elettrica attraverso impianti fotovoltaici distribuiti sulle coperture degli edifici portuali, attraverso la costruzione di impianti eolici che potrebbero essere collocati sulla diga foranea, attraverso interventi di riqualificazione energetica negli edifici per contenere la dispersione termica e attraverso l’utilizzo di veicoli a propulsione elettrica o ibrida almeno all’interno del perimetro portuale.

Oltre agli ovvi benefici ambientali, sono evidenti anche i benefici economici sia nel settore dell’edilizia di qualità che in quello delle tecnologie ambientali.

Intanto, mentre scrivo, si è fatto buio. Le giornate si stanno allungando ma non abbastanza.

Vado a staccare la spina dalla colonnina.

La nave laggiù è tutta illuminata.

Nessun commento:

Una semi-isola, il filo dell’acqua e l’isola dei genovesi

C’è un angolo di Sardegna che conserva un carattere e una personalità fuori dall’ordinario. Lontano dagli usuali giri turistici, lontano...