La prima volta che ho visto il motorino di nonno ero un bambino e da poco andavo
in giro con la mia bicicletta. Il motorino mi sembrava una cosa gigantesca e lo
guardavo incuriosito ed anche un po’ intimorito.
Sembrava una specie di “superbicicletta”, molto più grande della mia e con un motore a vista che dava l’idea di essere una cosa complicata. Motore e pedali, una cosa decisamente misteriosa.
Mio nonno di tanto in tanto lo prendeva, spostava leve, faceva girare le ruote sul cavalletto, smoccolava qualche parola senza che io capissi e poi se ne andava da qualche parte.
In effetti, quando il lavoro lo portava lontano era l’unico modo per spostarsi. Lui era un fabbro e aveva l’officina a S. Arsenio, dove viveva, e il lavoro lo portava spesso nei paesi vicini, ma era anche uno dei pochi nel Vallo di Diano a saper manovrare le grandi mieti-trebbiatrici che si usavano negli anni ‘40 e ‘50.
Da giovane si spostava a piedi o in bici, poi nel ‘54 decise di comprare qualcosa di più comodo e veloce. Il Legnano-Sachs 50, appunto.
Prima del 1959 non esisteva la categoria “ciclomotore” nel Codice della Strada e questi mezzi erano inquadrati nella categoria dei “velocipedi con motore ausiliario”.
In pratica erano delle biciclette con un motore ausiliario anche se poi, sempre di più, iniziavano a somigliare a delle piccole motociclette.
Non esisteva una omologazione per il veicolo nel suo insieme e dunque non era necessario avere una punzonatura di riconoscimento del modello sul telaio.
Al massimo veniva posto un numero seriale
senza sigle che permettesse di identificare il modello specifico. Le
disposizioni indicavano un limite di cilindrata massimo (50 cc) e imponevano la
pedaliera ciclistica e dunque nessun vincolo di potenza e velocità.
Il libretto era riferito solo al motore montato sul quale veniva impresso il numero di matricola. Quindi, in definitiva, la Legnano era un assemblatore che montava parti fornite da altre ditte.
A ben guardarlo il Legnano si mostra chiaramente per quello che è: il telaio di una bici, un serbatoio, un motore (Sachs) e poco altro, come il faro Aprilia (non quella famosa delle moto).
Anche il colore scelto dalla Legnano racconta di quei tempi. Il verde militare dello smalto usato sul serbatoio e sui parafanghi sembra più una scelta economica che estetica.
Di sicuro nei primi anni dopo la guerra la disponibilità di forniture a basso costo era la priorità, mentre colori più sgargianti come il rosso erano lasciati alla Guzzi o alle altre moto più costose dell’epoca.
Sul manubrio era presente una levetta che comandava il decompressore per agevolare l’avviamento e lo spegnimento del motore che ora è sparita, in chissà quale restauro.
A sinistra c’è il blocchetto luci e il clacson.
Nessuno specchietto retrovisore e nessun tachimetro o contachilometri.
Ha due marce comandate al manubrio con la
frizione a sinistra e a destra il freno anteriore. Il freno posteriore è a
pedale.
Su questo motorino ho imparato a guidare.
Ricordo diverse estati, negli anni ‘80, in cui facevo lunghi giri durante le vacanze tra Castelvolturno e Mondragone.
Non era di certo un motorino che passava inosservato, quelli erano gli anni del Boxer Piaggio, del Si, della Vespa 50, del Cagiva 125, completamente un altro genere.
In quello stesso periodo fu eseguito un primo pessimo restauro che ne modificò il colore originale (dal verde al rosso) e nel quale furono sostituite alcune parti con ricambi non coerenti (il tubo di scappamento, la leva del freno), fu coperta la cromatura con vernice argentata e cancellate tutte le scritte e i loghi.
Tutto molto brutto ma in prospettiva molto efficace contro la ruggine. Infatti, dopo un altro paio di anni di sporadico utilizzo, il Legnano fu lasciato fermo per oltre 30 anni in un box.
Nel 2019 è stato targato secondo le
nuove disposizioni del Codice de
lla Strada ed è stato rifatto il libretto di
circolazione. Finalmente nel 2021 è iniziato il restauro definitivo che ne ha
ripristinato l’aspetto originale.
Sono stati cambiati raggi e cerchioni mentre manubrio, curva della marmitta e sella sono stati cromati. Il motore è stato aperto, è stato inserito il pistone nuovo e ripuliti i condotti.
La frizione è stata cambiata La carrozzeria è stata sabbiata, verniciata e sono stati rifatti i loghi e applicate le decalcomanie originali.È stata rifatta la lamiera copricatena mentre i pedali e i braccetti dei pedali sono stati acquistati nuovi.
È stato comprato nuovo anche un gonfiatore nuovo su cui è stato inciso il logo della Legnano che ricorda molto l’originale e si incastra alla perfezione nell’alloggiamento sotto il serbatoio.
Completamente nuovo è l’impianto elettrico, tutti i fili e il fanalino posteriore mentre per il faro principale si è recuperato il vecchio e sostituito solo la lampadina.
Copertoni e camere d’aria nuovi completano il restauro insieme alla nuova sella molto simile all’originale.
Ora è di nuovo pronto a camminare, un signore di 70 anni, che forse non sarà veloce come un tempo ma che ha di sicuro qualche storia da raccontare.
Giusto il tempo di sistemare qualche carta.