venerdì 6 ottobre 2017

Da Pozzuoli all'isola che non c'é


Per chi proviene da Napoli, prima di arrivare al porto di Pozzuoli, se si alza lo sguardo, spicca  la sagoma dell’Accademia Aeronautica, il "Nido delle Aquile", dove iniziano a formarsi i piloti militari, un edificio cubico che si affaccia dalla collina di tufo e che, con una certa  approssimazione, indica il Nord. A circa 300 metri sulla sinistra, sempre guardando dal mare c’è il cratere della Solfatara, in cui  si manifestano potenti fumarole che emettono vapori sulfurei ad oltre 160 °C, mentre in una depressione centrale della caldera si può osservare del fango che bolle a 140 °C. In questa bocca del vulcano vennero girati alcuni famosi film di Totò  e alcune sequenze del film dei Pink Floyd “Live in Pompeii”.
Poi si arriva a Pozzuoli. In origine era uno scalo commerciale cumano, la città vera e propria fu fondata nel 528 a.C. e solo trecento anni dopo, nel 194 a.C., divenne una colonia romana. Da quel momento la sua importanza crebbe sempre più, poiché i romani ne fecero il loro porto principale. La collegarono con un'ottima rete stradale all'Urbe e alle città più importanti della Campania, mentre tutte le più fiorenti città marittime dell'Oriente vi stabilirono stazioni commerciali. Furono costruiti monumenti eccezionali come l'Anfiteatro Flavio, il Tempio di Serapide (in realtà un antico mercato e il Tempio di Augusto.
Il graduale sprofondamento del litorale, causato dal bradisismo, costrinse gli abitanti a lasciare, verso la fine del V secolo, la parte bassa della città e a stabilirsi sull'altura a destra del porto commerciale, l’attuale Rione Terra, ben visibile dal mare con edifici dai colori vivi e ancora qualche gru che emerge dal profilo. Agli inizi del XVI secolo, Pozzuoli fu sconvolta da scosse telluriche e dal bradisismo. I puteolani tornarono a stabilirsi al di fuori delle mura, sino a formare presso il mare un borgo, costituito da piccole case di pescatori. Infatti nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1538, un terremoto sconvolse la città, la terra si aprì ed eruttò tanto materiale da formare una collinetta, che in seguito fu chiamata Monte Nuovo. Guardando il porto è la zona sulla sinistra, un po’ all’interno, ricca di verde e che oggi è un’oasi del WWF.
Durante la Seconda guerra mondiale la città fu presa di mira dai bombardamenti alleati a causa del porto, dove andavano a rifornirsi le navi da guerra, e dello stabilimento Sofer, allora convertito alla produzione di artiglieria.
Il Rione Terra è stato abbandonato a seguito dei moti bradisismici degli anni settanta.  È possibile visitare gran parte dei sotterranei e una parte in superficie.
La città è composta interamente da questo intreccio di vecchio e nuovo e, passeggiando, non è raro trovare tra i palazzi ricostruiti dopo il conflitto mondiale alcune bellissime strutture antiche.
Lungo la costa, andando ancora ad Ovest, dopo il porto spicca il pontile della Sofer, fabbrica dell’Ansaldo, a lungo uno dei motori dell’economia della città. Qui sono stati costruiti treni e vagoni ferroviari fino agli anni ’80. Da allora il declino e l’abbandono. Numerosi progetti di riqualificazione si sono avvicendati negli anni ma la zona è ancora tutta una cantiere. Si tratta di un lungo tratto di costa in uno scenario fantastico che non sembra avere fortuna. Poco discosto il pontile della Pirelli, oggi Prysmian, che costruisce cavi elettrici sottomarini.
Questa zona è detta Arco Felice, nome che viene dato da un monumentale arco in laterizi di epoca romana, sito all’interno, costruito nel taglio che i romani effettuarono nella collina, attraverso il quale l'antica via Domiziana entrava  nell'abitato di Cuma. Ancora oggi la strada è utilizzata e un piccolo tratto di strada, di circa 50 metri, è ancora quello originale.
Lucrino
Inizia qui un tratto di costa sabbiosa che termina a Punta Epitaffio. Alle spalle della spiaggia sulla destra si staglia il monte Nuovo, prodotto di un’eruzione nel 1538,  mentre al centro sono visibili ben due laghi in successione, il lago Lucrino e il lago d’Averno.
Il lago Lucrino è alimentato dalle acque di numerose sorgenti termali che sono in zona (le stufe di Nerone le più conosciute) ed è un bacino privato. Deve il nome alla parola “lucrum”, cioè lucrare: infatti il senatore Sergio Orata nell'antica Roma lo aveva trasformato in un allevamento ittico, essendo lo stesso lago in comunicazione tramite un canale con il mare.
Nel 37 a.C. il lago d'Averno ed il lago Lucrino furono collegati al mare attraverso un canale artificiale per la realizzazione di un colossale porto militare (Portus Julius).
Il lago d'Averno era molto famoso nell'antichità perché lo si credeva la porta degli Inferi. Il carattere austero e quasi tenebroso del luogo, il colore delle acque scaturite dal fondo di un vecchio cratere, dense e limacciose, la presenza di una fonte termale lungo la riva del lago considerata come acqua della Stige, e il ricordo di antiche esalazioni che ammorbavano l'aria e rendevano impossibile il volo degli uccelli, avevano circondato questo luogo di misteriose e paurose leggende e fatto collocare da Virgilio proprio qui la porta dell'Ade.
Attualmente anche il lago d’Averno è di proprietà privata pur essendo ricco di storia e di reperti archeologici di notevole interesse.
Baia
Continuando a navigare lungo la costa troviamo Baia, luogo di soggiorno prediletto dell'aristocrazia romana e di diversi imperatori, che qui venivano a ritemprarsi dalle fatiche dell’impero e vi edificarono lussuose ville e numerosi impianti termali, le cui sale monumentali a cupola ancora oggi visibili sono i cosiddetti tempi di Mercurio, di Venere e di Diana.
Il suo golfo, racchiuso tra i rilievi di Punta Lanterna a sud, su cui è ben visibile il Castello Aragonese, e Punta Epitaffio a nord, è un altro  cratere vulcanico, risalente a circa 8.400 anni fa e conservatosi solo per metà, essendo la sua parte ad oriente sprofondata o del tutto erosa dal mare.
Attualmente l'antica Baia è parzialmente sommersa a causa del bradisismo: di recente, per tutelare i resti dell'antico porto, l'area delimitata dalle boe gialle  è stata dichiarata area marina protetta ed è stato istituito il Parco sommerso di Baia. Mosaici, tracce di affreschi, sculture, tracciati stradali e colonne, sono sommersi a circa 5 metri sotto il livello del mare tra anemoni stelle marine e branchi di castagnole. Il luogo è straordinariamente suggestivo e qui sembra proprio di osservare una sorta di Atlantide di età romana.
Su un promontorio a strapiombo sul mare, presso l'abitato, sorge l'imponente Castello Aragonese, costruito forse sulle rovine del Palazzo imperiale romano. All'interno del castello è ospitato il Museo archeologico dei Campi Flegrei. È visibile la ricostruzione del ninfeo rinvenuto nelle acque di Punta Epitaffio con la raffigurazione dell'episodio omerico di Ulisse che, aiutato da un compagno, porge il vino al Ciclope.
 
Miseno
Dopo il comune di Bacoli vi è l'antica Misenum, villaggio sorto in epoca romana, sede della flotta pretoria dell'imperatore. La spiaggia di Miliscola a tutt'oggi conserva nel suo nome il ricordo degli allenamenti che vi svolgevano i marinai romani (militum schola). L'attuale frazione di Miseno è posta ai piedi del promontorio di Capo Miseno che rappresenta l'ultima lingua di terraferma che racchiude il golfo di Pozzuoli, punta estrema del Golfo di Napoli.
Capo Miseno è un'altura che offre una splendida vista sul golfo di Napoli e sulle isole di Ischia e Procida, ben riconoscibile in tutto il golfo di Pozzuoli, che racchiude verso occidente. È sede di un faro molto importante per la navigazione costiera notturna. Il luogo, splendido e suggestivo, è stato interessato negli anni da fenomeni edilizi che hanno deturpato la bellezza originaria. Da lontano si riconosce per la sua caratteristica forma a tronco di cono.
Poco prima del Capo, sulla cui sommità ci sono numerose casematte e fortificazioni che risalgono alla II guerra mondiale, c'è l'accesso all'antico porto di Miseno chiuso dal lungo isolotto ricurvo di Punta Pennata, la vera isola che non c'è. Un tempo staccata dalla terraferma ma oggi praticamente unita, dopo una violentissima mareggiata negli anni '70 e il successivo bradisismo, all'abitato di Bacoli. Ospita un ristorante raggiungibile con una piccola barchetta.
Il nome di Miseno si collega all'Eneide di Virgilio. Miseno era il trombettiere di Enea, che avendo sfidato Tritone nel suono della tromba, era stato da questi precipitato in mare dove era annegato. Enea, trovato il suo corpo gettato dalle onde sulla spiaggia, lo seppellisce sotto un immenso tumulo, appunto Capo Miseno,  grandiosa tomba a perenne memoria del compagno.

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