Carlo Borlenghi è un fotografo che della vela e del mare ha fatto il suo campo d’azione prediletto. Da trent’anni e più punta il suo obiettivo sulle barche e sugli uomini che fanno la storia della vela.
L’inizio è con Brava
Q8 di Pasquale Landolfi, una barche più vincenti dell’Italia degli anni ‘80, per
poi passare all’America’s Cup con Azzurra prima e Luna Rossa dopo, alle imprese
di Giovanni Soldini e a tutti gli eventi legati al marchio Rolex.
Le sue foto con
il tempo hanno raggiunto una cifra stilistica e una riconoscibilità tali che ascrivono
il passaggio di un fotografo alla categoria di maestro.
Con lui l’occhio
non segue più la barca nel suo insieme ma viene a posarsi sugli infiniti
particolari della navigazione e della regata: le pieghe di una vela che perde
potenza, l’ombra dell’uomo a prua sullo
spinnaker, il riflesso del mare sullo scafo, le forme della barca riprese da un
obiettivo immerso nell’acqua, la sagoma in controluce del bulbo.
Le sue foto hanno un taglio unico, emozionale e suggestivo dove l’uso del teleobiettivo o del grandangolo sono funzionali ad amplificare l’emozione racchiusa nell’attimo dello scatto.
Le tre foto del
post sono solo un piccolo campionario del lavoro di Borlenghi: nella prima si
assiste e ci si ammutolisce davanti alla potenza e alla maestosità del cielo e
del mare in cui la barca è immersa fino a quasi scomparire; nella seconda i
tempi di esposizione dilatati a catturare il movimento per restituirlo in un
fermo immagine ci trasportano in un acquerello di 100 anni fa, che richiama
alla memoria il futurismo di Balla e Boccioni, con le vele colorate sfumate e
in dissolvenza; nell’ultima la
turbolenza e la circolarità del movimento dell’onda contrastano l’immobilità di
una barca che arranca per trovare la sua strada in un mare scomposto e
assolato.
Ma l’emozione,
quella che ti toglie le parole e ti incatena davanti a queste immagini, si espande
forte da tutte e tre. E questa non è solo fotografia. È molto di più.