Ovvero come andato per guardare la regata, finii per peregrinare in terraferma
di Luciano Sabetti
- … E domani si va tutti a vedere l’America’s Cup!-
Il tono è quello delle decisioni che non ammettono repliche. Mia moglie ha elaborato e deciso tutto da sola, come sempre, e a me non resta che adeguarmi. A nulla valgono gli accenni a possibili alternative, la consorte è fermamente convinta che a un evento di cotale importanza, e per di più praticamente sotto casa, non si possa mancare. E poi, vuoi mettere il sole, il mare, Via Caracciolo libera dal traffico e piena di gente!
La gente! Un brivido mi corre lungo la schiena. Non ho ancora smaltito l’orgia di auguri, baci, abbracci e benedizioni di amici e parenti che ho incontrato e visitato a Pasqua che mi si prospetta un altro bagno di folla. Senza contare che il mio stomaco in cui trotterellano ancora allegramente il casatiello e la pastiera, senza parlare dell’inarrivabile sartù di mammà, anelerebbe a qualcosa di più leggero di un pranzo al sacco.
Nulla da fare, l’ora fatale è scoccata e non si torna indietro. Non mi resta che confidare in Giove Pluvio e nella misericordia che riserva agli escursionisti riluttanti.
Il dio però deve essersi distratto perché mi ritrovo, in un giorno di Pasquetta benedetto da uno splendido sole, a bordo della metropolitana diretto a Mergellina insieme a famiglie numerose riunite dalle feste; fidanzati in libera uscita; anziane coppie che si tengono teneramente per mano; tribù di nerd provenienti dall’hinterland, tutti che discettano di regate e di carenature, di alberi e di nodi come vecchi lupi di mare pur avendo l’aria di aver governato al massimo un canotto, e, soprattutto, tutti armati di macchine fotografiche per immortalare Luna Rossa.
Che non c’è, come non ci sono gli altri catamarani. Lo specchio di mare tra Castel dell’Ovo e Posillipo è desolatamente vuoto. L’unico natante in acqua, peraltro privo di equipaggio, è China Team che ballonzola indolente proprio davanti alla rotonda Diaz.
Lo spiazzamento è generale e la moltitudine sbanda, quasi si arresta, privata dell’oggetto dei suoi desideri. Ma non si arrende. Misteriosamente si diffonde la voce che vuole le imbarcazioni alla fonda dietro il castello, e allora la processione riprende risalendo lentamente il water front in direzione della fortezza medievale.
La litoranea è gremita all’inverosimile. Facce sorridenti di operai in gita, visi levigati di professionisti, fragranti toilette di giovani donne, sfumati effluvi di mature signore, abbigliamenti casual e capi firmati, Napoli è tutta qui, complice la crisi economica che ha tagliato i fondi per vacanze più esotiche e l’evento epocale con tanto di diretta televisiva che solletica la voglia di esserci.
Quelli che non si trovano sono i catamarani. Svaniti, non sono nemmeno dietro Megaride. Un tizio davanti a me non si dà pace, non ci sta a lasciarsi sfuggire l’occasione di fotografare la gara e ferma nell’ordine una gazzella dei Carabinieri, una volante della Polizia e un’auto della Guardia di Finanza in servizio di ordine pubblico. Chiede di Oracle, di Luna Rossa, dei neozelandesi, ma quelli lo guardano straniti. Oggi non c’è competizione, le navi, e qui i tutori dell’ordine sono unanimi nella classificazione delle barche come navi, oggi, sono ricoverate negli hangar. – Lasci perdere – fa l’ultimo agente – e si goda la bella giornata -.
Una parola! A me sta venendo l’orticaria da corteo e mi scappa pure da far pipì. La mia signora mi fulmina con lo sguardo, alla tua età non riesci ancora a trattenerla! Mogliettina cara, il dramma è che alla mia età non riesco più a trattenerla e qui attorno di bagni liberi non ce n’è neanche l’ombra. Quelli dei bar hanno una fila chilometrica e gli altri, i chimici montati nella Villa Comunale, non godono di miglior sorte.
Tant’è, non resta altro da fare che abbandonare la fiumana peregrinante per quella semi stanziale. Così mi metto in coda per una toilette mobile sotto lo sguardo di due poliziotti a cavallo, inchiodati a una fissità statuaria dalla gran gente che affolla l’ex galoppatoio borbonico. Stanno lì, fermi, immobili, celando l’imbarazzo dietro uno sguardo sdegnoso.
Sulle aiuole intanto s’imbandiscono le mense e cominciano a rimbalzare i palloni che di tanto in tanto fanno strame degli avanzi del pranzo pasquale che con amorevole cura le donne hanno cominciato a scartare dai fogli d’alluminio e dalle pellicole di plastica. E insieme alle sfere cominciano a volare gli improperi all’indirizzo degli atleti della domenica che si producono in performance il più delle volte assai miserevoli.
In una cacofonia di urla di trionfo e maledizioni raggiungo l’accampamento allestito dalla mia compagna e consumo con gran sforzo il mio pasto tra gli ululati del mio fegato che comincia una serie di carambole in segno di protesta. Decido eroicamente di tirare dritto fidando in una camomilla riparatrice al mio ritorno. Ammesso e non concesso che ci si decida di invertire la rotta.
- Che pesantezza, facciamo due passi per digerire! – Ormai la mia metà è in pieno orgasmo presenzialista e mette la prua verso l’entroterra, in direzione degli stand degli sponsor. I gadgets devono essere per lei un’attrazione irresistibile, perché fende la folla con un’ostinazione e una sfrontatezza degne della miglior causa.
-Ricordino!- esclama trionfante dopo essersi aggiudicata un cappellino e una maglietta con tanto di logo a un prezzo decisamente osceno e aver travolto un numero imprecisato di avventori meno determinati di lei.
Ostento felicità convinto che ciò segni la fine delle nostre peregrinazioni, ma la carica adrenalinica della consorte è ben lungi dall’essersi esaurita. D’improvviso il suo radar capta all’orizzonte un assembramento promettente e lei vi si dirige a tutto vapore.
- Il sindaco, c’è il sindaco! – saltella felice – Ora vado a salutarlo, certo si ricorderà di me, del resto gli ho fatto gli auguri prima della sua elezione! – e salpa alla via della figura torreggiante di LDM che avanza tra la folla di simpatizzanti e curiosi, benedicente come un papa in visita pastorale.
Un vistoso maglione rosso e un paio di occhiali scuri che gli incorniciano il volto, il primo cittadino si concede alla marea adorante mietendo consensi unanimi per aver liberato il lungomare dalle auto e averlo restituito ai cittadini. Per tutti ha una buona parola e un caro saluto, anche per mia moglie che rientra in porto con l’aria trasognata e vincente.
- Che ti avevo detto, si è ricordato di me e mi ha anche ringraziato! – Ometto di dirle che con ogni probabilità da buon politico le ha spudoratamente mentito e approfitto della sua estasi per convincerla a far vela verso casa.
Con passo stanco, una dermatite di probabile origine nervosa e lo stomaco ormai in stato comatoso risalgo la massa festante in direzione nord, verso casa, finalmente.
Per questo e altri racconti di Luciano: http://www.letteratu.it/2012/04/pasquetta-allamericas-cup/
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