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martedì 31 maggio 2011
L'acqua è di tutti
Il 12 e 13 giugno ci saranno i referendum. Il governo ha scelto questa data sperando nell’astensione che invaliderebbe la consultazione e ha fissato la data scegliendo l’ultimo giorno utile previsto dalla legge e sprecando 350 milioni di euro per non aver proceduto all’accorpamento con le amministrative di maggio. Sono forti gli interessi in ballo e tanti coloro che vogliono arricchirsi con l’acqua e con la costruzione delle centrali nucleari.
A quest’ultimo referendum ho già dedicato alcuni post, oggi mi voglio concentrare sui due quesiiti che riguardano l’acqua, che non possono essere assolutamente trascurati in un blog che la ha posta al centro delle sue attenzioni, anche se non è salata.
L’idea di privatizzare l’acqua si è fatta strada negli scorsi anni attraverso svariati tentativi di forzare la legge da parte di molti amministratori locali fino al Decreto Ronchi del 2009 che ha previsto il passaggio della gestione di un bene demaniale da imprese pubbliche a imprese anche totalmente private. Non è necessario essere particolarmente arguti per immaginare che, dato che l’interesse primario per un’azienda privata è il profitto, la prima leva che esse manovreranno per rientare dall’investimento è quella del prezzo, e quindi la privatizzazione sarà pagata dai cittadini attraverso le bollette dell’acqua. .
I quesiti in votazione saranno due: uno riguarda le modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica mentre l’altro riguarda la determinazione della tariffa del servizio idrico.
Nel primo quesito referendario si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis della legge 133/2008 relativo alla “privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza econonomica”, normativa approvata dall’ultimo governo Berlusconi, che prevede come ordinaria la modalità di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto (pubblico-privato) in cui i privati detengano almeno il 40%.
Abrogare con il SI questa norma significa non volere che si applichino le logiche di mercato al comparto dei servizi idrici e di non condividere la privatizzazione di un bene indispensabile come l’acqua.
Il secondo quesito propone l’abrogazione della “determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito” (art. 154, comma 1, D.Lgs. numero 152 del 3 aprile 2006).
Il gestore con la legge attuale che si vuole abrogare può aumentare fino al 7% la bolletta senza che ci sia alcun collegamento con la qualità del servizio. Anche in questo caso il significato politico è immediato, concreto e senza alcuna ambiguità: votando SI si dice chiaramente che non si vuole che un’azienda privata realizzi profitti sull’acqua.
Si percepisce quindi l’enorme significato politico dei due quesiti. Negli ultimi tempi tutti i partiti di sinistra, e addirittura il PD buon ultimo, si sono schierati a favore dei referendum.
Ora tocca a noi.
Il 12 e 13 giugno andiamo a votare.
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